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martedì 10 marzo 2015

Le visite no, non sono un KPI

Leggi, spulcia, parla. Argomenta. Si, magari proprio argomenta, perché di solito chi afferma che le visite sono un KPI, dovrebbe almeno spiegare perché. Se non si è capito (e vuol dire che non è stato letto il titolo) non ritengo che le visite debbano mai essere considerate un KPI. Sopratutto nell'era del digital marketing, nell'era de "l'awareness si ottiene (sul web) con due spicci"... nell'era di una (e più piattaforme) che puoi pagare per ottenere accessi.
Quindi, lor signori mi dicono che posso andare da un cliente a dirgli che l'obiettivo "X" si raggiunge aumentando gli accessi? Bhé niente di più facile. Pago e ottengo, quasi più cristallino di "cogito ergo sum". Solo che Cartesio, con tale locuzione, parte dal presupposto che tutti gli uomini pensano, dunque "sono"; ma se siamo ancora oggi qui a discutere sulle visite come KPI, allora facciamo fiesta. Nel senso del merendino, ma quello tutti i frutti, con la striscia gialla, che ormai è estinto perché non se lo mangiava nessuno.

KPI è acronimo di key performance indicator, quindi indicatore di prestazione. Alias: meglio gira più facile sarà raggiungere l'obiettivo. Ora per raggiungere un obiettivo, è solitamente opportuno partire dal presupposto che l'indicatore deve essere una determinante dettata da altri fattori di analisi che lo elevino da incognita, a fattore chiave.

Poniamo un esempio. Io voglio bere una spremuta di arancia. Nella mia lista della spesa scrivo agrumi e la consegno a qualcuno che avrà l'accortezza di farmi la spesa. Gli do' 2 euro e questi tornerà da me con 1 arancia, 2 limoni, 1 lime e 1 pompelmo.
Prendo l'arancia e ci faccio 1/4 di bicchiere di spremuta di arancia. La mia (scarsa) spremuta sarà costata 2 euro. Un affare! (è ironico eh...)
La volta dopo, sempre assetato di spremuta di arancia, siccome so che le visite (e quindi la quantità) sono un KPI, do' 8 euro (2x4 per fare un bicchiere di spremuta) all'amico che mi fa la spesa.
Ah... che goduria! Una spremuta 8 euro! (sono ironico anche qui eh...)
E quindi? Andiamo avanti così? Facciamoci del male!

Bene... ipotizziamo che il mio cattivo modo di comunicare, conduca quindi visite non idonee al mio obiettivo. Di fatto, quegli agrumi in più, finiranno per fare muffa (personalmente il pompelmo non mi piace neanche... magari col lime ci facciamo un mojito e col limone ci condiamo l'insalata... va...).
Ma di fatto, questi rappresentano un rimbalzo. Sono pure tondi! Dalla busta diretti nel cestino, magari con un bel canestro da tre punti direttamente dalla porta della cucina verso il bidone dell'umido! Oh... via!

Bene. Ma se io a questo punto cambiassi la mia lista? E dicessi all'amico che mi fa la spesa che voglio 2 euro di arance? Caspita... un miracolo. Mi porta solo delle arance. E guarda te. Ho pagato la mia spremuta 2 euro, anziché 8.

Quindi. Prima di affermare che le visite sono un KPI, pensiamo a definire il bounce rate (frequenza di rimbalzo) come primo KPI. I signori (e le signore) che visitano i nostri siti web, sono oro.  Portiamoli per bene sul nostro sito. Non sono agrumi che si vendono al chilo, ma dolcissime arance da scegliere. Lo vogliamo riportare sui social? Belle quelle pagine con 100.000 fan e poi con 3 mi piace a post. Quindi (e due)... KPI per eccellenza? Riduzione del Bounce.

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