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giovedì 29 gennaio 2015

Sei Connesso?

A volte ci troviamo in luoghi dove non c’è rete, il telefono non prende, internet non funziona... Insomma, si è completamente offline.
A quanti di voi sembra di impazzire?
Ma come facevano i nonni?

Oggi tutto scorre, alla velocità della luce; quanti hanno davvero il tempo di fermarsi, rilassarsi? Forse neanche se costretti a stare “offline” su un treno.

A queste domande esistenziali, forse nessuno ha una riposta, ma ecco che Audiweb ci fornisce qualche numero. Quanti siamo in rete? In quanti siamo stati catturati da quell'astuto pescatore che è internet? Da poco sono stati pubblicati i dati di novembre 2014, riguardanti l’audience di internet in Italia:
  • 28,8 milioni di utenti accedono a internet almeno una volta al mese, più della metà della popolazione italiana;
  • nel giorno medio, l’audience totale ammonta a 21,7 milioni di utenti.
C’è però una questione che prima di tutte mi incuriosisce: Audiweb, ha sempre considerato soltanto i PC, inizia nel marzo 2014 a fare un’analisi totale, suddividendola per PC e Mobile.
Facendo un confronto, nel novembre del 2013 erano 13,4 milioni al giorno (medio) gli italiani connessi esclusivamente da PC. Per il novembre 2014 invece si nota un leggero calo, 12,8.
Ma attenzione! Si sta parlando soltanto del traffico desktop, cosa succede sul mobile?
Nel novembre 2014 questo traffico ammonta a 17,4 milioni (giorno medio) 200 mila utenti al giorno in più rispetto ai primi dati mobile, quelli di marzo 2014 (17,2 milioni). Audiweb per stimare questo traffico mobile considera la fascia 18-74 anni.
Ciliegina sulla torta... sono 9 milioni gli utenti che accendono al web esclusivamente da mobile.

Forse i conti non tornato? Qui bisogna fare attenzione: l’ammontare totale di questa fatidica digital audience, non è  la somma degli utenti dei diversi device.
E’ il totale degli utenti unici che hanno navigato solo da PC, solo da smartphone, solo da tablet o da tutti i device, eliminando le sovrapposizioni.

Considerando questi dati in ottica di digital marketing, appare scontato sottolineare l’importanza di un sito mobile, o un sito responsive.
E’ stata una vera e propria esplosione, alcune aziende sono state “lungimiranti”, come direbbe Andrea Testa, e si sono mosse in tempo, senza rischiare perdita di visite, anzi migliorando la user experience e assicurandosi un tasso di ritorno degli utenti molto più elevato.

Lavorando con AdWords, mi capita a volte di avere problemi di conversione su mobile, lo ammetto. Ma questo a cosa è dovuto?
Tanti potrebbero essere e sono i fattori. Ma in questo caso, la prima domanda da farsi: vuoi davvero creare annunci, ottimizzati a puntino per il mobile, quando poi è impossibile navigare la tua landing per mobile?
Qui il dilemma… annunci ottimizzati mobile per siti con una buona user experience, ma gli altri? Ha forse più senso ridurre l’offerta per i dispositivi mobili, (che per AdWords si intendono soltanto smartphone)?

Tutto sta all’analisi, ma di certo il mobile non è da sottovalutare!

mercoledì 28 gennaio 2015

AdWords Countdown annunci, davvero utile

Ormai è terreno di caccia per chi è più “smart”. E l’utente, quello che poi deve darci fiducia (ma che in realtà siamo noi che dovremmo fare in modo di convincere con mestiere, ma sopratutto con educazione e correttezza), sa già queste cose. Altrimenti non passerebbe più del suo 50% del tempo di navigazione, ottimizzandolo da uno smartphone.
Gli annunci devono convincere. Vincere la concorrenza della piattezza e della ripetitività.

Attualmente, è molto probabile che uno dei metodi migliori per attirare l’attenzione dell’utente, sopratutto quando questo effettua più ricerche nel tempo e quindi ha giornalmente a che vedere col nostro annuncio, è usare la “Personalizzazione degli annunci in Tempo Reale”.
Questo tipo di funzione, mette in condizione il sistema di recuperare dei dati da una sorgente esterna, o di generare dinamicamente un cambio del testo a fronte di un semplice snippet di codice.
Vorrei concentrarmi sul “Countdown”, funzione che consente di inserire una scadenza e che è molto utile per coinvolgere l’utente nella corsa alla conversione.
Immaginiamo uno scenario nel quale più player predispongono un’offerta vacanze, a fronte di una promozione che scade in una data particolare.
Normalmente avremmo gestito l’annuncio scrivendo:
Offerta valida fino al 31 gennaio; magari stuzzicando l’interesse del cliente e sollecitandone l’acquisto, inserendo una frase del tipo “ancora pochi giorni a disposizione”. Tutto giusto e corretto, ma il nuovo sistema prevede di poter gestire dinamicamente il tempo.
Il codice è semplice, è sufficiente scrivere {=COUNTDOWN e si aprirà la maschera di cui sotto:



Compilando i campi, comparirà uno snippet già configurato. Il risultato? Anziché vedere “ancora pochi giorni”, l’utente vedrà “ancora 3 giorni”… e il giorno dopo “ancora 2 giorni”.
L’annuncio vive in relazione all’effettivo tempo rimanente. Sicuramente di effetto per il cliente.

venerdì 23 gennaio 2015

Segmenti di pubblico per visita su prodotto

L'uso del remarketing ha molteplici criteri di assegnazione, considerando sopratutto che le nuove funzioni di targeting di Google AdWords, forniscono reali spunti sulla naturale propensione del pubblico a partecipare attivamente alle diverse informazioni che vogliamo fornire (o che altri hanno fornito).
Un metodo interessante, testato su alcuni account che gestisco con Blubit, mi porta a lavorare su utenti che già conoscono il sito dell'azienda, ma soltanto per specifici prodotti. Se per esempio il mio sito si occupa di vendita di scarpe, ma anche di borse, sarebbe interessante proporre gli annunci differenziandoli proprio sulla precedente visita dell'utente su sito.

Per spiegare con semplicità queste liste, partiremo da una sintassi di pagina elementare, riportando, agli specifici casi, sintassi diverse a seconda di come sono costruiti gli URL di un sito web.

Ipotizziamo dunque che il mio obiettivo sia quello di creare annunci sulla vendita di "borse" dedicati agli utenti che:
  • hanno già visto nostre borse sul sito web;
  • hanno visitato il nostro sito web, ma guardando scarpe e non borse.
La lista di Remarketing
Prendiamo per buono che abbiamo già creato il tag di remarketing. Quello che dobbiamo fare è selezionare gli utenti sulla base della precedente visita. Entriamo quindi in Libreria Condivisa e selezioniamo "Segmenti di Pubblico". Clicchiamo su "+ Elenco per il Remarketing" e indichiamo come pubblico in target, gli utenti che hanno visitato pagine legate alle scarpe.
Attenzione qui, quando mi riferivo a una sintassi elementare, mi riferivo al fatto che nel nostro caso di esempio, la sintassi dell'URL di una scarpa, contiene il termine scarpe.
Per esempio, il percorso potrebbe essere: /scarpe/nome-scarpa.asp oppure /scarpe/scarpa-modello-pippo.asp (e via dicendo).

Per completezza vedere: "Creazione di un elenco per il remarketing", sulla guida ufficiale di AdWords.

Una volta salvato il segmento, lo dobbiamo creare anche per le borse (ipotizzando ancora che il segmento sia configurabile come quello delle scarpe, quindi con una sintassi /borse/).
A questo punto avremo due liste di remarketing: chi ha visto le scarpe e chi ha visto le borse.
Capiamo adesso come usarli, prestando attenzione al fatto che chi ha visto le scarpe potrebbe anche aver già visto le borse e viceversa.

Includere i segmenti
A questo punto accediamo alla campagna che gestisce i miei annunci per le borse e creaimo due gruppi annunci, il primo dedicato a chi ha già visto le mie borse, il secondo destinato a coloro che hanno visto le mie scarpe, ma non le mie borse.
Creati gli annunci accediamo al menù "Segmenti di pubblico", cliccando su "+ Remarketing", poi "Targeting > Aggiungi targeting > Interessi e Remarketing > Seleziona categoria > Elenchi per il remarketing" e andremo a selezionare "Visitatori di Borse". Questo significa che vedranno gli annunci utenti che hanno già vistitato una sezione borse del mio sito.

Pensiamo adesso all'altro segmento. Ripetiamo la procedura e includiamo i "Visitatori di Scarpe". Qui abbiamo una criticità. In pratica le due liste potrebbero accavallarsi. Abbiamo infatti detto al sistema che un annuncio è dedicato a chi ha visto "Borse" e l'altro a chi ha visto "Scarpe". Ma gli utenti - come detto - potrebbero essere gli stessi, mentre io, nel caso dei visitatori di scarpe, voglio fare in modo che questi non abbiano mai visto le borse.
A tal proposito, poiché i segmenti di pubblico possono essere esclusi a livello di campagna, ma noi vogliamo usare una campagna sola, dobbiamo comunque inserire il segmento "Visitatori di borse", ma riducendo l'offerta del 90% (in pratica escludendo quasi completamente la possibilità di vincere l'asta).
Qual è l'effetto che si ottiene? In pratica una sorta di combinazione di remarketing, poiché avrò questa caratteristica: se l'utente ha visto solo scarpe, la sua offerta sarà del 100%, mentre se appartiene anche al segmento borse, verrà ridotta del 90%. L'utente in questo caso però non viene perso. Il motivo è semplice, poiché esiste il gruppo "Visitatori di Borse", l'asta verrà vinta da quel gruppo, nel quale il segmento di pubblico non ha riduzioni sull'offerta!

Perché usare i segmenti di pubblico invece delle combinazioni personalizzate?
La risposta è abbastanza semplice. In questo modo abbiamo il controllo totale sui segmenti, senza bisogno di creare infinite regole.
Vendo cinture? Accessori per le scarpe? Non occorre lavorare sulle combinazioni degli elenchi di remarketing, ma sui segmenti. Un altro vantaggio è dato dal fatto che possiamo gestire l'offerta per i distinti segmenti. Se in un gruppo "visitatori di scarpe e accessori", ma non "borse", si comportano meglio gli utenti che hanno visto anche gli accessori, possiamo aumentare l'offerta solo su questi. Senza andare a intaccare o modificare la combinazione di remarketing... che è molto più utile se si vuole prendere un elenco macroscopico. Un esempio? "Visitatori - conversioni". Il classico. Cioè tutti coloro che sono entrati sul mio sito, ma non quelli che hanno comprato!

giovedì 15 gennaio 2015

Brand Consideration Vs Awareness


Una recente modifica alla targetizzazione su AdWords, introduce un'interessante analisi di quello che viene definito il "Custom Affinity Audience" (modifica operativa per giugno 2015).
Il dato interessante è che la differenza coi segmenti di pubblico per affinità, sposta l'ago della bilancia dalla generazione di pura awareness alla profilatura per consideration.

Val la pena dare un occhio all'articolo: "A better way to reach customers on the Google Display Network".
In un ipotetico imbuto alla conversione, la propensione all'acquisto derivante dall'awareness, è chiaramente meno probabile rispetto alla considerazione effettiva che di un brand o del suo prodotto si ha. Lo step successivo è la formulazione di un elenco "in-market", nel quale è elevata la propensione all'acquisto poiché l'utente ha cercato con l'intento di acquistare - o primariamente acquistato - prodotti esattamente sovrapponibili a quelli che vendiamo.

Ma perché la consideration è un elemento più efficace rispetto all'awareness? Cioè... quanto meglio aiuta la conversione la generazione di questo segmento?
In poche parole, sappiamo che l'awareness (nei minimi termini) è la consapevolezza dell'esistenza del marchio (o del prodotto); vale a dire sapere che c'è. Ma l'esistenza di una consideration, identificabile con la semplice frase "ho preso in considerazione", documenta che il prodotto stesso si è evoluto nella mente del compratore che è passato dal riconoscerlo, al conoscerlo.

Vediamo quindi attraverso tre semplici domande, in che modo può essere studiato il percorso che conduce alla conversione, sulla base della "consideration".

1) Quali sono le considerazioni principali che spingono il cliente ad acquistare sul nostro store?
Alias, quali sono i fattori chiave che spingono un utente a scegliere il nostro prodotto. Quali i driver funzionali e/o emotivi che portano a scegliere noi, declinandoli poi rispetto ai competitor.

2) Quali sono i benefici ottenibili dall'acquisto di un nostro prodotto, che devono essere considerati rispetto ai competitor?
Capire cioè in cosa siamo forti partendo dall'analisi delle motivazioni che spingono a scegliere altri prodotti. Se io non sono forte su quel driver, conviene che lo migliori o che semplicemente non ci punti e mi focalizzi su altri aspetti.

3) Quale è il cliente che potrebbe considerare l'idea di ottenere maggiori benefici acquistando presso di noi?
Capire cioè quali sono i driver di scelta degli utenti quando acquistano un determinato prodotto.

Tre domande piuttosto semplici, che non escludo vengano già prese in considerazione quando si genera una campagna marketing, ma che probabilmente in un contesto di targeting digitale, rischiavano di restare imbrigliate nella mancanza di segmentazione. L'attuazione di questa lista, focalizza dunque l'attenzione sul cliente che "conosce". Un'arma decisamente importante nella tattica di conversione, poiché probabilmente riduce il numero dei touchpoint, o almeno identifica il cliente nel funnel di conversione, nel momento in cui ha già espresso una buona propensione all'acquisto.

mercoledì 14 gennaio 2015

Lo stress da acquisto. Perché i clienti non comprano online?

Recuperando quanto scritto nelle slide dell'ultimo post sull'AdWords Summit 2014 a Milano, vorrei soffermarmi per qualche riga sull'ormai datato - ma sempre attuale studio - del Professor Steve W. Martin, che nel suo articolo sull'Harvard Business Review, Why Customers Don't Buy, descrive il comportamento degli utenti che pur soggetti alla volontà di compiere un acquisto online, poi non concludono l'acquisto stesso.

L'analisi si basa su un'unica verità, declinata in 5 punti, ovvero su quello che lui definisce lo "Stress da Acquisto". L'analisi è tanto vera online, quanto in realtà rintracciabile nella mancanza di compulsione di acquisto, che si ritrova per esempo quando si passa per vetrine o si entra in un mercato o in un grande magazzino, con l'idea di spendere qualche soldo, ma senza la necessaria e motivata intenzione di svuotare il proprio portafoglio.
Il problema della mancanza di acquisto non è infatti solo di carattere tecnico - vale a dire che in molti casi è il sistema carrello che fa di tutto per complicare la vita di chi vuole acquistare - ma è un problema di natura prettamemente psicologica. Uno stress appunto.

Stress da Budget
Primariamente Martin identifica l'inizio della catena di stress col nome "Stress da Budget". Vale a dire che l'utente ha effettivamente i soldi per poter acquistare il bene, ma non sa se è giustificato a spenderli. Si domanda quindi se il suo non diventi un acquisto impulsivo.
Questa cosa mi piace, mi "chiama", ma se mi fermo qualche istante a riflettere sulla sua necessaria presenza tra le mie braccia, rimango soddisfatto?

Stress Azienda / Cittadino
Non solo diventa un problema di auto motivazione all'acquisto, ma stante il punto uno, se questo acquisto probabilmente non è necessario, devo relazionarmi non solo con l'oggetto che sto per comprare, ma anche con le persone che compongono il mio biotopo. L'acquisto è necessario? In questo particolare periodo storico, spendere determinati soldi per acquistare tale oggetto, è sensato?

Stress di Organizzazione
A cascata. La percezione che quindi l'azienda e le persone hanno di me, determinano che possa apparire come un compratore compulsivo? Se io stesso non sono convinto di fare questo acquisto, come potrò difenderlo agli occhi di chi magari si presenta più parismonioso?

I primi tre punti sono interessanti, perché la determinazione dello stress, evidenzia chiaramente la reale mancanza di necessità di compiere tale acquisto. Non stiamo parlando di un utente che sta per comprare, perché è realmente interessato a quel prodotto e sa che il suo acquisto è utile o quanto meno consentito dalle sue finanze. L'utente, come avviene in molti casi, si sta solo ponendo il problema se tale acquisto è necessario.
Qua subentra la parte di stress riconducibile all'azienda che vende il prodotto. Che può aiutare il potenziale cliente a comprare.

Stress da Selezione dello Store
Alias "confusione". Tutti gli store sono uguali. Tutti gli store parlano nello stesso modo. Se ho passato i cancelli delle porte da 1 a 3, adesso devo capire dove comprare. Chi è più affidabile. Ma se le vetrine di questi negozi sono tutte uguali, dove dovrò comprare? Se sono tutti uguali, perché devo preferirne uno agli altri?

Stress da Informazione
Ma non solo quanto detto nel punto 4. C'è un altro problema. Se l'informazione è frammentata, unica, non riscontrabile online, magari con recensioni, il dilemma diventa di veridicità dell'informazione. Quanto leggo sul prodotto, sullo store, sulle normative e garanzie di acquisto, sarà vero?
Si parla quindi di FUD: fear, uncertainty, doubt (paura, incertezza e dubbio).
Se le informazioni non sono certificate (da altri), allora per default, potrebbero non essere vere. Se potrebbero non essere vere, più probabile che siano false.

Interessante quindi, secondo quanto espresso qua sopra, quanto dice in conclusione Martin: "... the vendors increase the pressure by injecting claims of their superiority and accusations about their competitors' inferiority...".
Cioè, tanto più nel sito, l'azienda parla bene di se stessa e magari male delle altre, tanto più dubbio creerà nel compratore.

Uno studio quindi che ritengo attuale a prescindere, in un mercato degli store online, che (ancora) molto poco dà importanza al potere dell'UGC (user generated content).

Per completezza, ecco il link all'articolo di Martin: Why Customers don't buy.

#AdWords Summit 2014 @Milano

Con grave ritardo, mi trovo a scrivere qualche riga sull'evento Google che si è tenuto a Milano la prima settimana di dicembre. Non per pigrizia o altro, anzi, come molti che già mi leggono sanno, scrivere o raccontare di AdWords è una cosa che mi appassiona particolarmente... ma piuttosto per la pletora di costanti e continui cambiamenti che stanno avvenendo nel mondo Google, con riferimento particolare alle attività di mio interesse, quali AdWords (naturalmente) o Analytics.
Scrivere con precisione e puntualità è un'attività che o la si conduce per bene, oppure - recuperando un ex neologismo - tutto diventa "fuffa". Scrivere tanto per scrivere.
In un ambito nel quale quindi è la qualità di quanto scrivi a determinare la tua relazione col prodotto (o servizio) che tratti, tenere aggiornato Twitter, o LinkedIn, o ancora meglio scrivere contenuti di qualità per la nostra amata Community di AdWords, succhia risorse.
Questo esperimento del Con AdWords in Testa s'ha da fare comunque. E speriamo senza troppi - e ulteriori - ritardi.

Un'immagine dell'intervento sulla Stagionalità e Strategie al Summit Google a Milano
Per coloro che quindi mi seguono e apprezzano la varietà dei contenuti, ho quindi deciso di fare un piccolo sforzo, ma con uno - spero - grande risultato.
Pubblico quindi in calce il download al file della presentazione del video, mettendo subito qua sotto, il video dell'intervento, che grazie al cielo, qualche commento positivo, è riuscito come al solito a strapparlo! ;)

Prosit!



Cliccando qui, è disponibile il download del PPT "Strumenti e strategie per sfruttare la stagionalità".