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giovedì 8 settembre 2016

Dissertatio sulle impression




Essere visibili, si. Per chi sa come ragiono, visibile significa costruire l'apparenza almeno su una base scientifica. Awareness di interesse come si suol dire (cioè come dico io). Ma esitono dei casi nei quali l'interesse può essere decisamente ampio. A quel punto, basta (ri)configurare la propria mente, affinché sia aperta a misurare metriche in modo diverso, sulla base di quanto è ampio un segmento.

Nel funnel tradizionale, l'awareness è all'inizio dell'imbuto. Ecco, immaginate che sopra a quello scalino, ne abbiamo altri 2. Dobbiamo solo trovare 3 modi per chiamare la stessa awareness.

A quale scopo? Intanto perché se lavoriamo di visibilità e aumentiamo le impression, di fatto possiamo scoprire quasi sempre in modo insindacabile, che maggiore è la nostra esposizione, maggiori sono le performance che otteniamo. Una spiegazione razionale?
Google in tempi non sospetti ha provato a dimostrare questa scienza consegnando in mano agli analisti le conversioni View-Through. Vedo, ma non clicco.
Poi se guardate i vostri rapporti, queste non ci sono praticamente mai. Vuoi perché il mondo è multi-device, vuoi perché l'esposizione è tale da farti cliccare prima o poi sul banner, vuoi perché se la conversione Display avviene come assit alla conversione Search, non viene contata... Vuoi cosa ti pare, ma poi è indimostrabile che vedere = risultato.

Eppure in assenza di grande visibilità, vi è anche calo di risultato. Non a caso The Art of SEO in una delle sue edizioni dice - se non ricordo male (punto più, punto meno) - che essere contemporaneamente visibili in organica e a pagamento, produce un aumento del 20% del tasso di clic relativo (cioè da 3%, si va al 3,6%).

Tutti dati che però, in un mondo diabolicamente collegato alla prova concreta, sembrano dare credito a chi, ereditando i parameri del vecchio mondo offline, riteneva che l'importante fosse esserci. Chi se ne infischia se poi non è misurabile. In un contesto del genere, l'awareness si misura come le arance. A peso. Più sei visibile, meglio è, e ha funzionato!
Crolla quasi completamente il concetto di awareness di interesse(?). O meglio... bene essere visibili a quegli utenti che potrebbero essere più vicini ad acquistare da noi. Ma meglio ancora ragionare al contrario. Vale a dire lavoriamo per non essere visibili a chi non comprerà mai da noi.
Lo stesso concetto, ma ribaltato.

Cioè... se vendo formaggio, voglio che chi compra il formaggio mi veda. Ma perché non potrebbe vedermi anche semplicemente a chi piace il formaggio? In realtà, basta che non mi veda un vegano... o un intollerante al lattosio... ma poi per il resto, tutti sono miei potenziali clienti. E a tutti mi voglio mostrare, configurando chiaramente diverse aspettative di risultato.

2 commenti:

  1. Ciao Andrea, non discuto suoi tuoi ragionamenti, mi trovi d'accordo. Discuto però sulla validità delle impressioni. Cosa ci garantisce che dietro ad ogni impressione esiste una persona? Cosa sta facendo Google per ovviare a questo problema? Saluti,
    Luca Tagliaferro

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  2. Ciao Luca, in questo momento temo che il "problema" sia sui clic piuttosto che sulle impression; ma al di là di quelle "robotiche", sono proprio i clic fatti per sbaglio! Non a caso ormai su smartphone sopra al 50%. L'uso della famosa esclusione di adsenseformobileads aiuta a migliorare questa performance talvolta catastrofica.
    Sulle impression "fake" credo tra l'altro che il problema sia su quelle derivanti da offerta in CPC, mentre se utilizzi la formula a vCPM, il problema si contiene proprio per sua natura. In assenza di scroll, mancano i presupposti di visibilità. O almeno si contiene!

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